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Dalla sua arte emerge il senso di spiritualità rappresentata da quella luce che è il sentiero da praticare per ritrovare sé stessi. Gina Fortunato continua e perfeziona una ricerca che la porta all’essenza stessa dell’arte.

Dalla sua arte emerge il senso di spiritualità rappresentata da quella luce che è il sentiero da praticare per ritrovare sé stessi. Gina Fortunato continua e perfeziona una ricerca che la porta all’essenza stessa dell’arte.

Questa intervista fa parte del libro Profili d’Artista (Editoriale Giorgio Mondadori) appena uscito nelle librerie.

Dov’è nata?

Nasco a Spinazzola, un paese situato sulle colline murgiane pugliesi, lì dove c’è tutto e niente. Un paese potenzialmente fantastico, dove si gioca a nascondino per le vie dei borghi e si sperimenta la propria indipendenza, dove gli amici sono tutti fraterni perché si è costretti a vivere condividendo il proprio tempo fino a quando quella routine, tanto meravigliosa quanto maledetta, ti sta stretta. Quelli come me sentono dentro l’urgenza di approcciarsi alla vita, di crescere attraverso le esperienze, di rafforzare l’autostima, ma soprattutto di sprigionare quella carica emotiva e quella voglia irrefrenabile di raccontare, di raccontarsi.

Quanti anni fa?

Cinquantotto anni fa.

I suoi genitori cosa facevano?

Mia mamma è ed è stata sempre una donna audace, determinata e risoluta, non si è mai persa d’animo nella vita, qualità che ho ereditato. Lei sarta, donna lucana, ha sposato mio padre, un uomo creativo ed appassionato dell’entroterra pugliese, il quale si dilettava a coltivare le sue vigne producendo del buon Sangiovese e della Malvasia bianca quando non costruiva strade ferrate per la ferrovia. La caparbietà è la caratteristica che accomunava i miei genitori, la stessa caparbietà che mi ha fatta diventare quella che sono.

Dove vive?

Nel 1990 mi sono sposata e trasferita a Vignola, un paese dell’Emilia, dove ho aperto uno studio di pittura dopo aver lavorato nel pubblico impiego per alcuni anni.

A che età ha cominciato a fare arte?

Disegnare, dipingere o manipolare qualsiasi materia ha sempre fatto parte di me sin da bambina, ma ho cominciato a fare arte già in maniera decisa e consapevole all’età delle scuole superiori.

Quali sono stati i suoi maestri o comunque c’è qualcuno o un movimento al quale si è ispirata?

Nessun maestro in particolare. Ho sempre guardato con ammirazione, sforzandomi di farne tesoro, tutti coloro che attraverso la loro arte dimostrano la capacità di raccontarsi e di raccontare il proprio tempo, con il coraggio di mettersi a nudo, non risparmiando sentimenti, gioie e dolori profondi.

Quando ha fatto la prima mostra?

La mia prima vera mostra l’ho fatta nel 2011, una personale al Castello di Guiglia, vicino Modena.

La prima opera venduta?

Ho dipinto tantissimo su commissione e il mio primo quadro venduto risale al 1982, un ritratto eseguito con pastelli ad olio.

Che cosa racconta la sua arte?

In tutte le mie opere si sprigiona una poetica di intensa liricità, nelle opere sono i sentimenti a prendere forma. Nella gran parte della mia produzione artistica predomina l’amore per il divino rappresentato dall’uso dell’oro e della luce, metafora di speranza. La luce per me è un richiamo a quella parte soprannaturale che ci tiene legati alla forza emotiva, quella luce che ritroviamo quando alziamo gli occhi al cielo. A questo proposito mi viene in mente una frase di Salvador Dalí: “Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell’universo”, o ancora di Édouard Manet: “Cercate la grande luce e la grande ombra, il resto verrà da sé”.

Qual è stata l’emozione più grande nella sua attività artistica?

L’emozione più grande l’ho avuta quando ho capito che la mia arte riesce a catturare l’attenzione di chi la osserva fino a raggiungere momenti catartici.

I media e il pubblico influenzano la sua arte?

Certo che sì, i media ed il pubblico fanno parte di quel mondo che mi circonda, non si possono ignorare. Essi sono il mezzo attraverso i quali gli artisti riescono a denunciare situazioni scomode oppure a decantare la bellezza che trasuda dai gesti e dalle parole, influenzando la sfera emotiva, fino a trovare una loro collocazione sulla tela.

Quando ha cominciato a essere conosciuta?

Quando ho realizzato delle opere pubbliche e le mie prime mostre personali.

Realizza le sue opere di notte o di giorno?

Realizzo le mie opere prevalentemente di giorno, per me è indispensabile la luce naturale a meno che non si tratti di opere commissionate. La notte la uso per progettare ed elaborare idee.

Per lei l’arte è una fatica o una gioia?

Per me è gioia e mai fatica.

C’è un grande maestro del passato al quale lei guarda?

Un grande maestro al quale mi sono ispirata non per il suo modo di dipingere ma per i messaggi contenuti che ho sposato fino in fondo è Picasso quando diceva che: “l’arte astratta non ha più il compito di rappresentare la realtà, ma il mondo interiore… Con l’astrattismo è il colore ad acquistare importanza, non più la forma”.

Quali sono i temi che lei ama di più?

In ogni opera racconto un pezzetto di me stessa, mettendomi a nudo, raccontando le mie gioie e le mie tribolazioni, ma anche la mia voglia di apertura al cambiamento per una nuova speranza.

Se tornasse indietro rifarebbe l’artista? 

Senza ombra di dubbio sì, è stato ciò per cui ho lottato tanto fino a rinunciare al fatidico posto fisso.

Quando ha terminato un’opera a chi la fa vedere per primo?

Quasi sempre ai miei figli.

È più sincera nella vita o nella pittura? 

Sono sincera nella pittura quanto nella vita anche se nella pittura riesco ad essere più disinibita.

Se dovesse descrivere la sua arte in poche parole che cosa direbbe?

La mia arte trascende “il mero senso visivo e la banalità dell’estetica”, per raggiungere la profondità dell’essenza, oltrepassando lo strato apicale delle cose, in un tempo in cui la superficialità dell’immagine, delle mode e degli stereotipi è, invece, idolatrata dalle masse. Dalla mia arte emerge il forte senso di spiritualità rappresentata dalla luce, quella luce che deve essere il richiamo per ritrovare sé stessi.

Quale sarà il passo successivo per la sua arte?

Per tutta la vita ho inseguito un sogno, l’ho inseguito perché potessi arrivare al cuore di chi guarda le mie opere e penso di esserci riuscita. Ad ogni traguardo ho sempre creduto di aver raggiunto il massimo per me, poi, inaspettatamente, mi si aprono le porte per nuove prospettive per il futuro, aggiungendo sempre più tasselli nella mia carriera artistica. Nel mese di dicembre e gennaio sono in mostra personale presso l’Officina Creativa di Mirandola e a metà gennaio in collettiva a Parigi. Tanti altri progetti importanti sono in ballo, spero vadano in porto.

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